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6 Maggio 2025 - 09 : 32
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Bambini e tecnologia. Guida (per genitori) all’uso consapevole e controllato

di Alessandra Corrias – La tecnologia è parte integrante della nostra vita quotidiana e, quindi, della vita dei nostri figli, anche dei più piccoli. Un recente sondaggio – condotto dal Centro per la Salute del Bambino, in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri, sul rapporto esistente tra infanzia e tecnologie digitali – ha analizzato la diffusione dei dispositivi tecnologici fra i bambini al di sotto dei 5 anni nel nostro Paese: ne è emerso che un bambino su cinque entra in contatto con uno smartphone (o altra tecnologia touch) entro il primo anno di vita. Il 60% dei genitori, inoltre, permette ai figli al di sotto dei 2 anni di giocare con smartphone e tablet, mentre il numero sale fino all’80% per i bambini di 5 anni.

Purtroppo, accade spesso che i genitori – per tranquillizzare e tenere impegnati i bambini – mettano a loro disposizione un video per giocare, guardare i cartoni animati eccetera. Il 30% dei genitori ricorre a questo espediente nel primo anno di età, mentre la percentuale sale oltre il 70% ai due anni, per restare costante nella fascia fra i 3 e i 5 anni.

I nuovi media, per quanto apparentemente possano prestarsi, non devono però essere visti come una risposta efficace e immediata alle emergenze, come si fa con il ciuccio, e ancora meno devono trasformarsi in una “smart-baby sitter”. Gli strumenti a video riportano la tranquillità, ma isolano il bambino dalla realtà circostante, col rischio di ridurre la capacità di attenzione dei piccoli, accrescendo – al contrario – le difficoltà di concentrazione e comprensione. Usando questi “elettrodomestici sofisticati”, i genitori delegano la gestione dei figli a strumenti che, producendo una realtà virtuale piacevole, divertente e, soprattutto sempre e immediatamente disponibile, sviluppano dipendenza.

Facciamo un esempio abbastanza comune e riconoscibile. Accade spesso di incontrare nei bar e nei ristoranti famiglie con bambini che non mangiano senza tablet e cartoni, con i piccoli incantati davanti agli schermi mentre i genitori li imboccano.

Vi sono alcuni rischi significativi in questo comportamento: il primo, è che il bambino ha bisogno, per crescere, di sviluppare la sua autonomia, capendo che esistono dei limiti che non deve superare (nello specifico, quando si mangia non si gioca e viceversa); il secondo, è che il genitore si presenta come una figura remissiva e non autorevole (“se faccio i capricci ottengo il gioco preferito”), col pericolo reale che questa modalità si riproponga abitualmente.

Un altro esempio: i viaggi. Ormai, quando ci si trova su un mezzo di trasporto, gli adulti (per primi) non trascorrono più il tempo parlando con i compagni, guardando fuori dal finestrino o leggendo, ma incollati a un video. Non solo: ciascuno ha il suo e, quindi, l’esperienza non viene condivisa.

A casa, presso molte famiglie ormai accade praticamente la stessa cosa: i bambini vengono “bloccati” davanti a uno schermo (“così stanno fermi e buoni”) spesso con un controllo da parte dei genitori che è solo parziale.

Le generazioni più giovani – nate nell’era della tecnologia digitale – vivono un legame molto forte con le nuove tecnologie che, praticamente, sono entrate in ogni ambito della loro esistenza, anche a scuola.

L’iper-connessione, tuttavia, ha alcune controindicazioni che è bene conoscere.

 

  1. Gli schermi aumentano i disturbi del sonno:

Tra i vari effetti collaterali dell’suo delle tecnologie video, un ruolo importante hanno i disturbi del sonno, che colpiscono bambini e ragazzi “eccessivamente connessi”. Quasi la metà dei bambini (43%), secondo le ricerche, utilizza regolarmente smartphone e tablet la sera prima di andare a dormire, quando è già a letto. Sin da piccoli si abituano a utilizzare i dispositivi tecnologici per diverse ore: addirittura 26 ore a settimana per i bambini dai 2 ai 6 anni e 32 dai 6 ai 12 anni.

L’utilizzo eccessivo dei video finisce per disturbare il riposo dei bambini, per tre buone ragioni. Tablet e smarphone possono spostare in avanti l’ora in cui vanno a dormire o ridurre la durata del sonno. Inoltre, tendono a sovraeccitare i piccoli, che fanno fatica ad addormentarsi o hanno un sonno più agitato. Infine, sembra che la luce blu degli schermi favorisca un’alterazione dei ritmi circadiani, influenzando la produzione di melatonina e i naturali ritmi sonno-veglia.

  1. I nuovi media sono “individualisti”:

Un utilizzo eccessivo dei media digitali incoraggia la solitudine e il divertimento individuale, sottraendo ai bambini del tempo importante da dedicare alle relazioni condivise con amici e genitori. Più gli adulti sono “digitalizzati”, più i figli tendono a utilizzare precocemente gli stessi strumenti, spesso senza reali limiti di tempo e in solitudine. Sin dall’inizio, invece, è fondamentale educare i bambini a un uso corretto e adeguato delle tecnologie, supervisionato e mediato dalla presenza del genitore o dell’adulto responsabile, che non sottragga tempo e spazio alle necessarie interazioni sociali.

La fase più importante per lo sviluppo dei lobi frontali del cervello – l’area responsabile della decodifica e della comprensione delle interazioni sociali, che ci permette di provare empatia, comprendere gli altri e di decodificare il linguaggio non verbale – è proprio l’infanzia e molto dipende dalle interazioni sociali vissute dal bambino: trascorrere un tempo eccessivo davanti a un video rischia di influenzare lo sviluppo di queste abilità e, nel tempo, di interferire sull’abilità a interagire con gli altri (Margalit, 2016).

  1. Il video agisce da stimolante:

Il tempo trascorso davanti agli schermi sembrerebbe agire sul sistema nervoso, con effetti simili a quelli delle sostanze psicostimolanti (come la caffeina). A seguito di ciò, possono presentarsi più facilmente disturbi del sonno o problemi di concentrazione, oltre a modifiche del comportamento (limitazione dell’attenzione) che rischiano di influenzare – nei più grandi – il rendimento scolastico.

Suoni e colori, inoltre, influenzano la produzione di dopamina (neurotrasmettitore associato al piacere), per cui il bambino tenderà più facilmente a ricorrere al video per ottenere gratificazione immediata, facendo fatica ad abbandonarlo per passare ad altre attività (Margalit, 2016).

  1. La capacità di concentrazione e di attenzione si modifica:

Trascorrendo molto tempo davanti allo schermo, il cervello dei bambini viene raggiunto da moltissimi stimoli visivi che esigono l’elaborazione simultanea di più elementi. Poiché il cervello umano non è fatto per combinare attenzione ed elaborazione simultanea, col tempo i piccoli rischiano di fare sempre più fatica a concentrarsi e focalizzarsi, presi dalla smania di passare velocemente da una cosa all’altra.

Quando invece un adulto legge una storia al bambino, nel suo cervello si attivano le aree connesse all’elaborazione della voce e dei suoni, alla trasformazione delle parole in immagini, alla costruzione mentale della storia. Tablet e computer annullano questi passaggi, offrendo immagini, parole e suoni già pronti e nello stesso momento.

  1. Il tempo “video” influenza lo sviluppo del linguaggio:

Una ricerca canadese, condotta all’Hospital for Sick Children di Toronto (presentata al Pediatric Academic Societies Meeting 2017) sostiene che i bambini fra i 6 mesi e i 2 anni corrono il rischio maggiore di presentare ritardi nello sviluppo del linguaggio con l’aumentare del tempo trascorso a giocare con smartphone, tablet e dispositivi elettronici.

Dall’analisi dei dati raccolti su un campione di circa 900 bambini è emerso che un utilizzo precoce di strumenti elettronici portatili si associa a scarse abilità nello sviluppo del linguaggio: il 20% dei piccoli trascorreva almeno 28 minuti al giorno davanti a uno schermo luminoso; con l’aumentare del tempo passato con un tablet in mano, la probabilità di riscontrare ritardi nell’apprendimento della lingua materna cresce fino al 49%.

Gli studi proseguono…

Saranno necessari numerosi altri studi e ricerche di approfondimento per riuscire a comprendere meglio le ragioni nascoste dietro l’impatto esercitato dai nuovi media sulle facoltà cognitive dei bambini.

La tecnologia è ormai parte delle nostre vite e non è giusto demonizzarla. Ciò che, invece, è importante è riconoscere i potenziali rischi di un uso non controllato ed educare i piccoli (e, quindi, anche gli adulti) ad un sano e corretto utilizzo di smartphone, tablet e pc.

Come per ogni altro ambito, le regole devono essere chiare e adattabili alle diverse condizioni di utilizzo. Vediamo che cosa è importante fare:

  1. Insegnare che il dispositivo elettronico è uno strumento che ha varie funzioni e non si usa quando non serve. Quando lo si usa come un giocattolo, sono i genitori a dettare le regole. Una volta terminato il gioco, i genitori riprendono il controllo del mezzo.
  2. Definire da subito e chiaramente le modalità di utilizzo. E’ importante cercare di essere sempre presenti, per scegliere i giochi o i cartoni/video e il modo con cui il bambino si relaziona allo strumento.

Mettere sempre lo stesso cartone o lo stesso gioco non stimola la curiosità e la creatività e neppure le funzioni cognitive.

Se ci si accorge che il piccolo non riesce a staccarsi, che non ha finito di mangiare e smania per giocare, se pretende di utilizzarlo anche a tavola e non si riesce più a toglierglielo di mano, è necessario intervenire immediatamente e procedere a una vera e propria “disintossicazione” dal video.

  1. Decidere e controllare attentamente il tempo di utilizzo, per evitare ogni eccesso e dipendenza. Troppe ore consecutive fanno male, sia da un punto di vista fisico (problemi agli occhi e di postura), che mentale (irritabilità, insonnia ecc.). E’ necessario evitare accuratamente che giochino sdraiati sul letto o in posizioni scorrette.
  2. Impedire categoricamente l’utilizzo prima di andare a dormire; meglio ancora, evitare che portino gli schermi nella loro camera.
  3. Vietare l’utilizzo di telefoni, tablet ecc. quando si sta a tavola insieme (e vale anche per i genitori e i fratelli maggiori).
  4. Ricordare di far giocare i bambini anche all’aperto e insieme agli altri, inventando giochi nuovi e non seguendo le indicazioni dei giochi confezionati. Il reale e il digitale non sono interscambiabili, in quanto stimolano il cervello in modo diverso. Quando si utilizzano le app e i video giochi il bambino deve solo eseguire: impara le regole, le applica e, una volta apprese tutte le variabili, le ripropone in modo ripetitivo e senza pensare. I giochi concreti – oltre a coinvolgere anche l’uso del corpo (attraverso i movimenti) allenando la consapevolezza e il coordinamento generali – lasciano ai bambini la possibilità di decidere cosa fare e quando smettere. L’interazione con i coetanei, poi, favorisce lo sviluppo e l’apprendimento di abilità sociali importanti, come la cooperazione, la condivisione, il rispetto dell’altro e dei suoi spazi.
  5. Vietare ai bambini di usare i profili social degli adulti e attivare il parental-control su ogni dispositivo che lo consente.
  6. È importante, infine, che anche i nonni e gli altri membri della famiglia si attengano fermamente alle “regole” dei genitori.

 

Un corso per re-imparare a camminare consapevolmente

di Alessandra Corrias – Una delle pratiche più importanti ed efficaci che presento nei corsi dedicati agli adulti “over 50” (“Muovi il corpo e attiva il cervello”, presso il centro QDB di via Alberti 10 a Milano) è la Camminata Consapevole, che permette di riportare la mente nel corpo e nel momento presente, alleggerendola dal peso dei pensieri.

C’è un’enorme differenza tra il modo in cui camminiamo di solito e quello che si impara praticando la camminata consapevole: nel primo caso la testa è sempre altrove, dispersa in chissà quali pensieri, nel secondo è totalmente immersa nel corpo, nella consapevolezza delle sensazioni che partono dalla pianta dei piedi. Invece di pensare a questo e quello, ci si concentra totalmente sul piano sensoriale.

L’origine di questo esercizio è nella Meditazione Camminata, insegnata nella pratica buddhista. Il grande Maestro Thich Nhat Hanh, infatti, ha detto: Meditazione camminata è una pratica che dà gioia e pace e fa riscoprire il piacere di camminare. Faccio passi brevi, procedo lentamente, in totale rilassamento. Non devo sbrigarmi, perché non sto andando da nessuna parte. La meta è ogni passo Per camminare così devo imparare a lasciar andare, a deporre le ansie, le preoccupazioni.

Per questo, la pratica della Camminata Consapevole, oltre ad insegnarci a ritornare ad ascoltare il nostro corpo, ci aiuta a fermare i pensieri che sono fonte di stress, guadagnando pace ed equilibrio.

COME praticare LA CAMMINATA consapevole:

Per imparare, inizia rallentando il tuo passo abituale: cammina molto lentamente, alzando con calma una gamba, estendendola e poi riappoggiando il piede a terra senza perdere la consapevolezza di ciascuno di questi singoli movimenti, mentre sposti il peso del corpo dalla gamba dietro a quella davanti.

  1. Quando appoggi il piede a terra, registra le sensazioni percepite prima dal tallone, poi dalla parte centrale della pianta del piede e infine dalle dita. La terra è dura o morbida, liscia o ruvida, calda o fredda? Se puoi camminare senza scarpe è molto meglio.
  2. Registra le sensazioni che provi quando il peso del corpo si sposta da una gamba all’altra.
  3. Registra il senso di sbilanciamento che accompagna questo spostamento lento e la possibile sensazione di disagio legata alla perdita d’equilibrio. Accettala e accoglila, consapevole del fatto che è sempre necessario perdere un equilibrio se vuoi trovarne un altro.
  4. Avanzando, percepisci le contrazioni muscolari nelle gambe, nei glutei e nell’addome. Registra tutte le sensazioni legate al movimento.
  5. Registra il ritmo del respiro: come si associa a quello del passo? Se può esserti d’aiuto, coordinali così: inspirando alza e stendi la gamba, espirando avanza e appoggia il piede al terreno.

 

Aiutiamo il cervello a rimanere giovane col Brain Gym® (e 10 consigli utili)

Se è indiscutibile che le aspettative di vita sono aumentate, è pur vero che l’organismo umano, con l’invecchiamento comincia a perdere colpi. Tuttavia, vi sono alcune pratiche motorie – fra cui il Brain Gym® (per saperne di più consultate le pagine specifiche pubblicate in questo sito)che, insieme a sane abitudini di vita, possono contribuire a rallentare sensibilmente tanto l’invecchiamento del corpo quanto quello del cervello.

Lo stile di vita e le abitudini quotidiane svolgono un ruolo fondamentale nei cambiamenti fisici ai quali è sottoposto il nostro cervello, pertanto prima cominciamo ad allenarlo e più a lungo resterà in forma. Per tale ragione, non è mai troppo presto per cominciare a praticare il Brain Gym®, inserendolo nella routine quotidiana dei vostri figli proprio come insegnate loro a lavarsi i denti o a fare la merenda.

 

Ma è veramente possibile migliorare specifiche abilità cognitive allenandosi?

Se, da un lato, non esiste una ricetta magica per aiutare a tenere sotto controllo l’invecchiamento cognitivo, è comunque stato ampiamente dimostrato dagli studi delle neuroscienze dell’ultimo ventennio che è possibile rallentarlo e migliorare le funzioni cognitive facendo attività fisica ed “esercitandosi” regolarmente.

Quindi, prendete seriamente il vostro cervello e provate a mettere in pratica alcune delle strategie che vi proponiamo di seguito.

 

Una breve premessa. Il cervello ha la straordinaria capacità di adattarsi e cambiare in base alle esperienze che facciamo (o non facciamo). La plasticità cerebrale è responsabile di questo adattamento e ci consente di modellare e adattare il nostro cervello alle più diverse circostanze e ambienti.

In particolare, esiste un tipo di plasticità, chiamata plasticità funzionale compensatoria, che fa sì che un piccolo gruppo di anziani raggiunga all’incirca lo stesso livello di attività cognitiva di un gruppo di soggetti più giovani, malgrado l’età avanzata. Se pensiamo all’invecchiamento medio individuale, possiamo aspettarci che la capacità cognitiva declini lentamente man mano che aumentano gli anni. Tuttavia, nel caso della plasticità funzionale compensatoria, il cervello “compensa” per la mancanza di attività cognitiva, attivando più zone del cervello rispetto ad altri soggetti della stessa età o del medesimo stato cognitivo.

L’esercizio cerebrale aiuta il cervello ad adattarsi, un elemento fondamentale per la sua salute, specie quando invecchiamo. Modificando alcune semplici abitudini e praticando attività stimolanti possiamo mantenere il cervello attivo e, in questo modo, facilitare la produzione di neuroni e di connessioni neurali.

Una cosa è certa: “se non lo usi, lo perdi”. Il modo migliore per essere certi che il cervello continui a funzionare bene è tenerlo costantemente in uso e metterlo alla prova. Le nuove tecnologie cui abbiamo accesso oggi rendono certamente la vita più facile ma tendono a far impigrire il cervello. E’ importante sapere che serve fare uno sforzo, ogni giorno, per imparare e ricordare qualcosa di nuovo. La ripetitività danneggia i circuiti neurali, che, invece, hanno bisogno di sempre nuovi stimoli per restare attivi. Evitiamo, allora, di “mettere il pilota automatico” e diamo al cervello l’opportunità di fare il suo lavoro ogni giorno.

  1. Viaggiare:

Viaggiare stimola il cervello, espone a nuove lingue e culture e aiuta a imparare la storia di nuovi luoghi. Entrare in contatto con culture diverse aiuta ad apprendere e questo contribuisce a migliorare la creatività e apporta importanti benefici cognitivi.

Se non potete viaggiare, fate lo sforzo di circondarvi di culture e persone diverse e di visitare luoghi della vostra città che ancora non conoscete.

  1. Ascoltare musica:

Ascoltare musica può essere una attività straordinaria, perché la musica è uno stimolo potente per il cervello. Diversi studi hanno dimostrato che ascoltare musica attiva la trasmissione di informazioni fra i neuroni, la capacità di apprendimento e la memoria. Ascoltare musica può anche rallentare i processi neurodegenerativi (ma ciò accade solo a chi è abituato ad ascoltare musica da sempre).

Inoltre, può influire positivamente sull’umore e attivare il cervello nel complesso.

Non è difficile mettere un po’ di musica nelle nostre giornate. Accendete la radio quando cucinate o mentre state guidando. E, ricordate, non è mai tardi per imparare a suonare uno strumento.

  1. Stare in mezzo alla natura:

Il contatto con la natura aiuta a staccare dalle routine quotidiane e riduce lo stress e l’ansia. Vivere in aree ricche di giardini o alberi migliora l’attenzione e stimola a fare movimento (con benefici a cascata per tutto l’organismo). Cercate, per quanto possibile, di dedicare il vostro tempo libero a passeggiare nel verde: cervello e fisico vi ringrazieranno.

  1. Scrivere a mano:

Ogni tanto è bene andare contro-tendenza e abbandonare il computer per tornare al vecchio quaderno o taccuino. Prendere appunti a mano aiuta a migliorare la memoria e l’apprendimento. Inoltre, facilità la elaborazione e l’integrazione delle informazioni apprese.

  1. Imparare una lingua:

Parlare due o più lingue aiuta a proteggersi dal deterioramento cognitivo. Sembra, infatti, che i soggetti bilingue abbiano un Quoziente Intellettivo più elevato e ottengano più punti nei test cognitivi rispetto ad altri soggetti della stessa età. E ciò accade anche quando si impara una lingua da adulti.

Cercate di seguire corsi di lingua, anche di perfezionamento, e di guardare film in lingua originale con o senza sottotitoli. E’ una ginnastica eccellente per il cervello.

  1. Fare esercizio fisico:

Numerosi studi ormai affermano che praticare attività fisica crea nuovi neuroni, migliora l’apprendimento, la performance cognitiva e accresce la neuroplasticità.

Fra le attività da preferire vi sono tutti i tipi di esercizio aerobico non troppo intenso – come correre, ballare, nuotare, pattinare o anche solo camminare di buon passo – meglio se alternato alla pratica di movimenti lenti e controllati, come nel caso del Tai Chi e di alcuni tipi di Yoga.

  1. Dormire:

E’ ormai noto che dormire poco o troppo è associato spesso all’invecchiamento cognitivo (con difficoltà di attenzione, errori di riconoscimento, tempi di risposta allungati, ecc). Gli adulti hanno bisogno di non meno di 6 ore e non più di 8 di sonno, altrimenti possono incorrere in un prematuro invecchiamento. Cercate di mantenere una routine sana che preveda di andare a dormire e di alzarsi sempre alla stessa ora. Se avete la tendenza a dormire poco, provate ad andare a letto prima. Mettere via il telefono, spegnere la tv e il computer almeno 30 minuti prima di andare a letto riduce il rischio di insonnia. Assicuratevi che la vostra camera abbia una temperatura confortevole, che non ci sia troppa luce o troppi rumori e che sia pulita e pronta ad accogliervi.

  1. Leggere:

Le persone che non leggono molto mostrano spesso una performance cognitiva inferiore ai lettori abituali, in termini di velocità, attenzione, linguaggio ed elaborazione astratta. I soggetti più colti utilizzano le loro risorse cerebrali per compensare il deterioramento cognitivo dovuto all’età e hanno migliori risultati quando si tratta di recuperare dopo un danno cerebrale.

  1. Meditare e gestire lo stress:

La meditazione può avere effetti di lunga durata sul cervello, a quanto risulta da numerose ricerche. Chi medita da anni ha più giri cerebrali (le pieghe del cervello usate per elaborare più velocemente le informazioni). Questa è un’ulteriore prova della neuroplasticità, nel senso che il cervello può adattarsi e cambiare in base alle nostre esperienze.

Quindi, la meditazione ci aiuta a utilizzare le risorse mentali in modo più efficiente e a ridurre lo stress e l’ansia, migliorando le performance in generale.

  1. Mangiare bene:

Ciò che mangiamo influisce sul cervello. Infatti, alimentarsi correttamente contribuisce a mantenere il cervello giovane e a prevenire il declino cognitivo. Sappiamo bene che esistono alcuni “supercibi” che risultano assai utili a mantenere sano l’organismo. Una dieta variata a base di frutta, verdura, legumi, cereali e pochi alimenti raffinati, è comunque di grande beneficio per la salute generale.

Al contrario, alcool e tabacco contribuiscono ad accrescere il rischio di soffrire di vari tipi di malattie e facilitano l’invecchiamento precoce.

 

Se volete provare un nuovo programma di attività studiata appositamente per stimolare il cervello, venite presso l’Associazione QDB Diversamente Comunico di via Alberti 10, Milano.

Ogni martedì mattina, dalle ore 10 alle 11, si terrà un corso chiamato “Muovi il corpo per attivare il cervello”.

Insieme praticheremo una semplice attività motoria (Brain Gym),

disegneremo utilizzando entrambe le mani (Disegno a Due Mani),

e impareremo la Camminata Consapevole.

 

Per informazioni:

segreteria@braingymschool.it

infoqdb2016@gmail.com

oppure telefonate al 329.0627175 (telefono dell’Associazione).

Brain Gym® da fare in classe

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I movimenti di Brain Gym® sono delle semplici attività che richiedono pochi minuti e che gli insegnanti possono praticare insieme agli allievi per ridurre lo stress, consumare le energie in eccesso e migliorare l’apprendimento. Ogni movimento può essere praticato in uno spazio ridotto all’interno della classe o addirittura al banco. Si tratta, in genere, di movimenti divertenti concepiti appositamente per coinvolgere il cervello. Mentre altre attività risultano più efficaci con gli allievi più giovani, i movimenti di Brain Gym possono essere di grande aiuto agli studenti più maturi, come pure agli adulti (anche avanti in età).

L’otto dell’infinito:

Gli allievi disegnano degli otto sdraiati (il simbolo dell’infinito) per aria usando le dita oppure tracciandoli con una penna su un foglio di carta. Quando gli allievi usano la mano non-dominante (quella che non si usa per scrivere) per tracciare l’otto dell’infinito, viene impegnata la parte creativa del cervello (perciò è un’ottima attività di riscaldamento per le lezioni di arte, disegno e scrittura creativa). Tracciare l’otto dell’infinito con la mano dominante (quella che si usa per scrivere), invece, scioglie i muscoli del braccio e del polso e serve a preparare gli allievi alla scrittura.

Il movimento andrebbe fatto rapidamente e in maniera sciolta, partendo dal centro e risalendo a sinistra. Quest’attività dovrebbe durare almeno un paio di minuti.

Il cross crawl (o movimenti crociati):

Il cross crawl aiuta a bruciare le energie in eccesso, rendendo più facile la concentrazione. Esso contribuisce anche alla comprensione, perché il movimento coinvolge entrambi gli emisferi cerebrali e li costringe a lavorare insieme. Il movimento prevede che l’allievo tocchi con il gomito (o la mano) sinistra il ginocchio destro – e viceversa –, come se marciasse, per almeno due o tre minuti.

I contatti crociati:

Si tratta di un esercizio che riporta la calma e aiuta gli studenti a contenere lo stress e a concentrarsi. L’ideale è praticarlo dopo un momento di gioco o di sport per riportare i livelli di energia entro parametri normali e rientrare nel processo di apprendimento. I contatti crociati prevedono che le caviglie e i polsi siano sovrapposti e incrociati (è possibile sia da seduti che in piedi). Le mani, con le dita intrecciate, si appoggiano sul petto. Gli occhi possono essere chiusi. La posizione va tenuta per un paio di minuti, respirando lentamente. Quindi, si divaricano le gambe, si aprono le mani e si sovrappongono le punte delle dita le une alle altre. Anche questa posizione può essere praticata a occhi chiusi e va tenuta per un paio di minuti, respirando lentamente.

I punti del cervello:

I punti del cervello aiutano a ridurre lo stress e sono perfetti fra un’attività e l’altra. Ad esempio, se gli allievi hanno appena finito un compito di matematica impegnativo, dovrebbero fare una breve pausa prima di affrontare un’altra materia. E’ sufficiente premere leggermente la punta delle dita sulla fronte sopra ciascun occhio, più o meno in corrispondenza delle sporgenze frontali, appena sotto l’attaccatura dei capelli. Gli occhi possono essere chiusi. La posizione va tenuta per qualche minuto, respirando lentamente e cercando di rilassarsi.

Ansia da rientro a scuola? Affrontiamola insieme

Le lezioni sono ricominciate da appena due settimane e ancora si avverte l’eccitazione nell’aria la mattina davanti alle scuole. Settembre per molti, bambini e studenti, significa nuovi libri, nuovi insegnanti ma anche nuove cose da imparare e nuove esperienze.

Considerati tutti i cambiamenti e le incognite che si accompagnano all’inizio di un nuovo ano scolastico, non sorprende che i bambini/ragazzi provino anche un certa ansia. A volte, però, questa ansia si fa un po’ troppo intensa o si protrae nel tempo, creando un disagio.

La maggior parte degli allievi si adatta perfettamente e l’ansia si riduce progressivamente entro livelli accettabili entro il primo mese di scuola. Vi sono, comunque, alcuni suggerimenti che possono aiutare a velocizzare questo adattamento. Vediamo quali sono.

  1. Comprendere il “cervello ansioso”:

Dalla nascita all’età di circa 11-12 anni, il cervello dei bambini cresce rapidamente, creando di continuo nuove connessioni neuronali. Ciò consente loro di apprendere da diverse fonti e di archiviare informazioni e abilità importanti (pensate, ad esempio, a imparare a parlare, leggere, scrivere e socializzare). Dopo ciò, il cervello si concentra sul consolidamento e l’integrazione dell’apprendimento, mentre i bambini acquisiscono una comprensione più ricca del mondo e di come interagiscono con esso.

A qualunque stadio si trovino, bambini e adolescenti si aprono per esplorare il mondo che li circonda, affrontando nuove esperienze, sfide e cambiamenti. Queste nuove esperienze portano con sé dell’incertezza, che potenzialmente provoca ansia.

Nella sua forma più pura, l’ansia è un aiuto che facilita l’adattamento. Ci avvisa dei rischi potenziali presenti nell’ambiente intorno a noi, perché ci assicuriamo di guardare bene prima di saltare. E ci tiene vicino a chi ci protegge.

Sfortunatamente, il sistema di allarme del cervello può iper-attivarsi e scatenare l’ansia in circostanze in cui essa è immotivata, o evocare un’ansia eccessiva che ci frena nella normale vita quotidiana.

  1. Fare una buona dormita:

Ansia ed eccitazione possono incidere sulla qualità del sonno. Una buona notte di sonno è importante per aiutarci a contenere lo stress. Alcuni bambini si agitano talmente che non riescono a dormire la notte prima di una giornata di scuola, oppure si svegliano presto.

La sera, cercate di capire se vostro figlio/a è agitato/a a causa della scuola e poi provate a dargli/e del latte caldo (che rilascia triptofani, d’aiuto per dormire). Metteteli a letto e proponete loro di leggere una storia che già conoscono bene, magari anche un po’ noiosa. Luci soffuse e della musica tranquilla in sottofondo possono essere d’aiuto. La melatonina è una sostanza naturale che fa avvertire sonnolenza e può essere utilizzata in caso di necessità (consultate il medico). Anche le routine serali sono un valido supporto. E tutti i dispositivi elettronici dovrebbero essere spenti 1 ora e mezza prima di andare a dormire.

  1. Parlare dell’ansia del mattino:

L’ansia può presentarsi sotto forma di mal di pancia (o mal di stomaco), nausea, lacrime ma anche irritabilità e scarso desiderio di andare a scuola. E’ importante parlare con vostro/a figlio/a delle sue preoccupazioni e timori. Ma non cedete lasciandolo/a stare a casa a meno che non vi sia una ragione davvero buona. Stare a casa rinforza l’ansia e la peggiora.

  1. Aiutare l’evoluzione dei bambini:

E’ normale che i bambini piccoli sperimentino una certa ansia da separazione, specie se non hanno avuto prima l’opportunità di staccarsi dalla mamma. In questo caso, potete accompagnarli alla porta della scuola o della classe per aiutarli nel passaggio da voi all’insegnante. A volte aiuta avere un compagno di avventura: incontrare un amico/a prima di entrare a scuola o anche fare il tragitto insieme funziona bene, sia con i bambini più piccoli che con i più grandi.

  1. Definire le preoccupazioni:

Chiedete a vostro/a figlio/a quali sono le sue preoccupazioni. Una volta scoperta la causa o il meccanismo che innesca l’ansia, potrete agire per disinnescarlo. Lavorate con vostro/a figlio/a per sviluppare una strategia che lo/a aiuti a stare meglio.

A volte i problemi richiederanno l’intervento di un adulto. L’ultima cosa che volete è mandare vostro/a figlio/a a scuola quando ha la reale preoccupazione di essere maltrattato, fisicamente o psicologicamente, dai compagni prepotenti. Allo stesso modo, alcuni ragazzi possono sentirsi minacciati da alcuni insegnanti che possono non essere rispettosi o sensibili rispetto alle loro necessità. Certamente, le ansie possono essere esagerate o infondate ma i problemi reali non devono mai essere ignorati.

  1. Venire a patti con la vostra ansia:

L’ansia dei genitori ricade sui figli. E’ sicuramente di aiuto parlare al vostro partner o ad amici fidati della vostra ansia. E’ il primo figlio che va a scuola? Cercate di mettervi in contatto con un genitore più esperto che possa aiutarvi a rendere il vostro percorso più facile.

  1. Sapere quando consultare uno specialista:

Ci sono due tipi di ansia che sono più seri e richiedono un supporto specializzato. E’ importante che non si protraggano troppo a lungo senza intervenire, perché tendono a cronicizzarsi se non vengono trattati. L’ansia tende, inoltre, ad essere ereditaria.

Il Disturbo da Ansia Generalizzata è caratterizzato da una tendenza a preoccuparsi frequentemente per molte cose e situazioni (inclusi i membri della famiglia, i compagni e i compiti) che provoca una risposta ansiosa penalizzante. Il Disturbo da Ansia da Separazione è caratterizzato da un’ansia marcata al momento (o al pensiero) della separazione dalle figure adulte di riferimento.

Il Disturbo da Ansia Sociale è caratterizzato da un’ansia importante e penalizzante e dalla consapevolezza di sé in situazioni sociali, che può rendere difficile parlare o mangiare in gruppo. Il Disturbo da Panico (raro prima dei 13 anni) è caratterizzato da un flusso inaspettato di adrenalina che provoca una forte risposta fisiologica ansiosa, che può rendere difficile restare all’interno di spazi pubblici o di spazi chiusi.

Per quanto sia comune sperimentare una qualche forma di ansia durante il primo mese di scuola, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi la supera abbastanza bene. Se l’ansia dovesse continuare oltre questo lasso di tempo, potreste prendere in considerazione l’eventualità di consultare uno specialista del settore.

A piedi nudi per stimolare il cervello

Nella Kinesiologia Educativa (di cui il Brain Gym è parte) diamo grande importanza alla mobilità e al rilassamento dei piedi, in quanto fondamentali per il benessere generale e l’allineamento scheletrico. Andare a piedi nudi offre numerosi benefici. In alternativa, assicuratevi che le scarpe aderiscano ai vostri piedi invece di “costringerli” ad adattarsi alla forma della scarpa. Nell’articolo che segue, l’esperta di sviluppo infantile Rae Pica (www.raepica.com) ci ricorda come i piedi siano una delle parti del corpo umano più ricca di terminazioni nervose, e ciò fa sì che essi contribuiscano in maniera importante alla costruzione delle reti neurali del cervello.

“Sono sempre stata una convinta sostenitrice dei piedi nudi. Non sopporto la costrizione delle scarpe. E da lungo tempo affermo che i bambini dovrebbero fare a meno delle scarpe. Come ho scritto nel mio libro: ‘I bambini indossano le scarpe da ginnastica per fare attività motorie da così tanto tempo che sembriamo esserci dimenticati che i piedi hanno qualità senzienti. Possono essere usati per fare presa sul pavimento per trovare forza ed equilibrio e le diverse parti (gli alluci, la pianta, il calcagno…) possono essere avvertite – e usate – più facilmente quando sono nude. Inoltre, è stato dimostrato che andare in giro a piedi nudi rafforza i piedi e migliora l’allineamento corporeo. I bambini piccoli avvertono una naturale affinità con il terreno e questa può essere accresciuta rimuovendo tutte le barriere che lo separano dai piedi.’

Nulla di particolarmente sconvolgente, sin qui. Ma potreste restare sorpresi di sapere esiste una prova scientifica a favore dell’andare a piedi nudi. Fra le altre cose, è importante per lo sviluppo del sistema nervoso e , in particolare, per uno sviluppo ottimale del cervello. A quanto pare, i piedi sono la parte del corpo più ricca di terminazioni nervose, e ciò significa che essi contribuiscono ala costruzione delle reti neurali del cervello. Coprirli con le scarpe, quindi, significa privare il cervello dei bambini dell’opportunità di sviluppare ulteriori connessioni neurali.

E’ chiaro che tanto i genitori che gli insegnanti possano essere preoccupati all’idea di lasciare i bambini a piedi nudi. Una preoccupazione comune è che i bambini raccoglieranno germi (come diceva sempre mia madre). Ma la nostra pelle è fatta in modo da tenere lontani gli agenti patogeni. E’ più probabile ammalarsi toccando qualcosa con le mani – che sono in contatto con moltissime cose durante l’arco della giornata. Di sicuro non ci verrebbe in mente di costringere i bambini a tenere i guanti tutto il giorno per evitare i germi!

Vi è anche la preoccupazione che si facciano male. Ma andare a piedi nudi, in realtà, rafforza la pianta dei piedi, quindi ameno che i bambini camminino in un cantiere in costruzione pieno di chiodi, la probabilità che si feriscano è assai modesta.

Molti podologi sostengono che le scarpe possono risultare estremamente più dannose per i piedi dei piccoli rispetto alla nudità. I piedi dovrebbero potersi sviluppare naturalmente, senza conformarsi alla forma di una scarpa. Inoltre, le scarpe possono spesso limitare il movimento del piede e avere un effetto negativo sulla camminata, l’equilibrio, lo sviluppo sensoriale e la propriocezione (ovvero la comprensione dell’orientamento del proprio corpo nello spazio che ci circonda).

Se avete ancora dei dubbi, guardate i video che ho condiviso su facebook (qui e qui) in cui alcuni bambini camminano a piedi nudi in contenitori di plastica riempiti con materiali diversi (fra cui acqua, acqua saponosa, sabbia, foglie eccetera). Quale bambino potrebbe resistere a simili tentazioni?”.

Testo tradotto dall’Inglese e adattato da Alessandra Corrias

Nuovo anno scolastico. Genitori, insegnate il Brain Gym ai vostri figli!

scuola

di Alessandra Corrias – In questi giorni le scuole del nostro Paese riprendono le attività. Le vacanze sono finite e tutti rientriamo nei ritmi di vita abituali. Alcuni con un po’ di ansia. Purtroppo sappiamo, infatti, che ci sono bambini e ragazzi che affrontano con fatica la scuola e lo studio e i loro genitori “soffrono” insieme a loro, perché spesso non sanno come aiutarli, o , malgrado gli sforzi, non riescono a trovare strategie che abbiano realmente successo.

Che fare quando ci si accorge che il proprio figlio/figlia vive lo studio e la scuola come una sofferenza? Che fare quando il pensiero della scuola diventa – tanto per i ragazzi quanto per i genitori – una fonte di stress?

Le vie per sostenere e supportare i bambini e i ragazzi con difficoltà (non solo problemi certificati) nell’apprendimento sono numerose e diverse.

Nella mia esperienza, posso affermare che ogni bambino/bambina, ragazzo/ragazza è unico, e il percorso va studiato rigorosamente “su misura”.

Si può valutare l’opportunità di affiancare al proprio figlio/figlia un insegnante (o anche più insegnanti) per sostenerlo temporaneamente nelle materie in cui fa più fatica, con l’obiettivo di renderlo/la autonomo/a.

Si può affrontare il problema anche da un punto di vista psicologico/emotivo, individuando un professionista che lo/la aiuti ad affrontare le radici interiori della difficoltà scolastica.

Ed è anche possibile affiancare, a questi percorsi, un percorso differente, che parte dal corpo per arrivare al cuore e al cervello, aiutando a riequilibrare le varie dimensioni da cui l’essere umano è composto.

In una situazione di difficoltà, di disagio tutti noi siamo sottoposti a uno stress che, nella maggior parte dei casi, diviene molto facilmente cronico.

Ecco perché sostengo che un supporto davvero completo in caso di difficoltà nello studio debba prevedere anche un lavoro a livelli più profondi, senza fermarsi alle “ripetizioni”.

Che cosa significa “lavorare a livelli più profondi”? Significa tener conto del fatto che l’essere umano, per essere in grado apprendere, deve trovarsi in una situazione di equilibrio interiore, in cui le sue tre funzioni principali (quella emotiva, quella della comprensione e quella dell’attenzione) sono pienamente attive e completamente disponibili.

L’equilibrio interiore è aspirazione di molti adulti. E i più piccoli non ne hanno meno bisogno.

Il Brain Gym è una validissimo aiuto in questo senso, come potrete scoprire leggendo gli altri articoli pubblicati in questo sito.

Offriamo ai nostri figli la possibilità di vivere più sani e felici. E facciamo anche un regalo a noi stessi: portiamo il Brain Gym nella vita quotidiana delle nostre famiglie!

Volete sapere come?

A Milano, la BRAIN GYM SCHOOL ha avviato una collaborazione con l’Associazione QDB Diversamente Comunico presso lo spazio di via Alberti 10 (zona 8): qui cominceranno a breve una serie di attività pomeridiane di supporto allo studio per i bambini della Primaria e delle Medie.

La mattina, invece, sarà disponibile uno spazio di ascolto e consulenza per le mamme, oltre ad attività mirate per la Terza Età e il mantenimento/ recupero cognitivo.

Per informazioni contattate subito:

segreteria@braingymschool.it

infoqdb2016@gmail.com

oppure telefonate al 329.0627175 (telefono dell’Associazione).

Il Brain Gym e la ricerca (infinita) dell’equilibrio

di Alessandra Corrias – Ogni volta che tengo un corso, di Brain Gym, di consapevolezza corporea, o Disegno a Due Mani, viene subito fuori questa parola: equilibrio.

Oggi è un po’ come la balena bianca di Melville: un miraggio, una visione che tutti inseguono e non riescono mai ad afferrare… Addirittura ha sostituito la ricerca della felicità di un tempo.

Ma alla base c’è un grande fraintendimento: si pensa che l’equilibrio sia uno stato durevole. Invece, l’equilibrio, per sua natura, è fortemente dinamico.

Pensate al funambolo (l’equilibrista, appunto). Quando cammina sulla fune tesa ad ogni passo perde l’equilibrio. Ma subito lo ritrova. Lo perde ancora e lo ritrova. Nella vita, noi facciamo la stessa cosa: perdiamo l’equilibrio poi lo ritroviamo. Di solito.

Per la maggioranza di noi è molto più facile descrivere che cosa è la mancanza di equilibrio, come si manifesta, piuttosto che descrivere l’equilibrio.

Per me, quando siamo in equilibrio, siamo rilassati, a nostro agio. Ci muoviamo con scioltezza, sicuri di noi. Occupiamo uno spazio e sappiamo interagire con gli altri senza prevaricare e senza esserne schiacciati.

Per avere una vita serena, appagante, per avere dei buoni rapporti con il nostro prossimo, dobbiamo (prima di tutto) raggiungere un buon livello di equilibrio. E, per fare ciò, occorre accettare di fermarci e osservarci con attenzione. E’ necessario attivare la consapevolezza di sé.

Perché il Brain Gym?

Il Brain Gym è parte della Kinesiologia Educativa, e propone 26 movimenti selezionati in modo specifico per facilitare l’apprendimento e mettere in condizione ciascuno di noi di attingere liberamente e pienamente al proprio potenziale interiore.

Va detto che – per il Brain Gym – qualsiasi nuova esperienza, a qualunque età, è un apprendimento. “Non si finisce mai di imparare”…

I bambini piccoli imparano a conoscere il mondo, oltre che con l’osservazione, con il movimento libero. Tutte le esperienze fatte grazie al movimento, negli anni, si sedimentano nel corpo e nel cervello così in profondità che noi possiamo attingervi in maniera automatica ogni volta che ripetiamo un certo movimento o una certa sequenza o riviviamo determinate situazioni.

E’ stato ampiamente dimostrato che ciò che “si impara col corpo non lo si dimentica”. Questo collegamento corpo/cervello è naturale, e quando funziona al meglio delle sue possibilità, ci consente di condurre una vita ricca, serena, appagante in cui riceviamo e doniamo con uguale piacere.

Con gli esercizi di Brain Gym noi andiamo a riattivare questo collegamento, tracciando nuovi percorsi neuronali e facendo sì che si traccino nuove, sane abitudini che sostituiscono le vecchie, riconosciute come ormai inutili o addirittura dannose.

Chiariamo però  subito una cosa: il Brain Gym non è un metodo terapeutico. Non cura nessuna patologia, ma può essere di grande aiuto per ripristinare la funzionalità corporea in chi ha subito un trauma e per alleviare sensibilmente le tensioni emotive che sottostanno, spesso, a numerosi blocchi muscolari.

Inoltre, il Brain Gym può essere definito un auto-trattamento: infatti, prevede un diretto coinvolgimento della persona che decide di seguire questo metodo, perché richiede la pratica – quanto più possibile costante – degli esercizi indicati dall’insegnante.

In sintesi, la pratica del Brain Gym aiuta a:

– migliorare la consapevolezza corporea e la coordinazione motoria,

– acquisire calma ed equilibrio, imparando a prevenire e controllare lo stress,

– equilibrare la visione, l’ascolto, il linguaggio per una migliore comunicazione con noi stessi e con gli altri.

Adolescenti e multitasking. Dove “casca l’asino”…

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Media multiasking uguale asino (a scuola)? Pare che sia proprio così. Più tempo gli adolescenti trascorrono dividendo la loro attenzione fra vari strumenti – come il cellulare, i video game o la tv – e più bassi saranno i loro voti a scuola. Maggiori quantità di tempo trascorso facendo multitasking fra diversi tipi di media è anche associato a una maggiore impulsività e a una minore memoria di lavoro, afferma Amy S. Finn dell’Università di Toronto.

Secondo la Finn il termine “media multitasking” descrive l’atto di utilizzare più media simultaneamente, come tenere la tv accesa mentre si mandano sms sullo smartphone. Pur essendo in ascesa negli ultimi due decenni, specie fra gli adolescenti, l’influenza di questa pratica sulle capacità cognitive, i risultati a scuola e la personalità non sono ancora stati definiti.

La ricerca condotta dalla Finn nel 2013 su 73 studenti di terza media dell’area di Boston (USA) – in cui si chiedeva quante ore alla settimana dedicassero alla tv o ai video, alla musica, ai video game, alla lettura di materiale stampato o video, a parlare al telefono, a scrivere sms o simili, e a scrivere – ha evidenziato che spesso combinavano più attività simultaneamente. Sono stati testati anche aspetti della memoria di lavoro, destrezza manuale, vocabolario, coscienziosità e impulsività. La media dei ragazzi guarda 12 ore di tv a settimana e fa multitasking per circa il 25% del tempo. Chi trascorre più tempo a fare multitasking in genere ottiene peggiori risultati a scuola, tende all’impulsività e dimostra minor memoria di lavoro.

Il multitasking è un mito (e provarci ha un prezzo)

Multitasking: ovvero (pensare di) fare molte cose alla volta.

In realtà, ciò non accade perché il cervello non lavora così. Un buon numero di studi ha dimostrato ormai che in realtà facciamo attenzione a una cosa per poco tempo e poi a un’altra e poi a un’altra ancora per tornare alla prima. Tutte sono azioni separate che avvengono in aree diverse del cervello e richiedono un avvio separato e un processo di monitoraggio separato. Così finiamo col frazionare l’attenzione in segmenti sempre più piccoli, senza davvero impegnarci a fondo in una cosa. Tutto quel passare da una cosa all’altra ha un prezzo neurobiologico. Consuma le riserve. Così dopo una o due ore di “tentato multitasking” se scopriamo che siamo stanchi e non riusciamo a concentrarci è perché abbiamo consumato quelle sostanze nervose che ci servivano per concentrarci.

Ci sono alcuni lavori, è vero, che richiedono non il multitasking quanto un tipo di attenzione che passa rapida da una cosa all’altra, come il controllore di volo, l’interprete simultaneo, a volte il giornalista, che monitora tante cose diverse allo stesso tempo. Ma i controllori di volo, ad esempio, come parte del loro lavoro, devono obbligatoriamente prendersi una pausa di 15 o 30 minuti ogni ora e mezza/due. Ciò significa che si sconnettono e fanno una passeggiata o ascoltano musica, fanno ginnastica, o praticano un’attività che aiuti a rinnovare le sostanze neurochimiche che hanno consumato.

In un’epoca di evoluzione rapida e inarrestabile come quella in cui viviamo, con sempre maggiori quantità di informazioni disponibili, il cervello si sta adattando e cambiando anch’esso? La risposta è sì. Il cervello si adatta e cambia continuamente. Ci evolviamo continuamente. Sfortunatamente si tratta di un processo lento. Ci vogliono circa 20.000 anni perché il cervello si metta al passo con l‘ambiente in termini di genoma. Quindi fra 20.000 anni il nostro cervello si sarà perfettamente adattato. Nel frattempo, dobbiamo adottare strategie, magari un po’ più disciplinate, per filtrare i segnali indesiderati o non necessari.