Quando il cervello impara, si modifica “ristrutturando” i legami tra le cellule. Un team di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha appena pubblicato sul “Journal of Neuroscience” uno studio che descrive, per la prima volta, la struttura interna delle sinapsi, punto di contatto tra due cellule nervose, sulla scala dimensionale del miliardesimo di metro (nanoscala). I ricercatori hanno osservato grazie a tecniche di microscopia ottica avanzata che la sinapsi che “impara” non solo accresce le proprie dimensioni, ma cambia la sua struttura interna a livello nanometrico. Il lavoro è stato condotto da tre team di ricerca della sede di Genova dell’Iit, guidati da Andrea Barberis, Francesca Cella e Alessio Del Bue.

Il cervello ha la capacità di imparare e di plasmarsi secondo gli stimoli sensoriali ricevuti dal mondo esterno grazie alla possibilità di modificare la “grandezza” delle sinapsi, le strutture alla base della trasmissione degli impulsi nervosi. Per la prima volta, però, si è osservato come durante l’apprendimento la sinapsi vada incontro a un frazionamento in sottodomini. Questa delocalizzazione conferisce più stabilità strutturale e funzionale alla sinapsi, favorendo i processi di apprendimento e memorizzazione.

“La sinapsi nel cervello è stata considerata per lungo tempo un’entità indivisibile, così come l’atomo è stato creduto l’unità fondamentale della materia – spiega il neuroscienziato Andrea Barberis, responsabile dello studio – e grazie al lavoro di squadra siamo riusciti a dimostrare che non è così”. “Questo risultato è stato raggiunto anche grazie alle nostre competenze nel campo della microscopia ottica avanzata e della super-risoluzione – racconta Francesca Cella del Nanophysics Team – ma senza le competenze dei colleghi nel campo delle neuroscienze e nel campo dell’elaborazione d’immagine non saremmo mai arrivati a questo traguardo”.

Lo studio – commentano dall’Iit – accresce le conoscenze di base nel campo delle neuroscienze e permette di comprendere meglio la caratteristica di plasticità del nostro cervello, aprendo potenziali nuovi strade allo studio e al trattamento di problematiche come l’epilessia e l’autismo, patologie fortemente collegate alla plasticità cerebrale.

(Com-Ram/Adnkronos Salute 20-MAR-17)

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